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Una resa?


I sette discepoli sono tornati là dove tutto aveva avuto inizio, al loro mestiere di prima, alle parole di sempre: vado a pescare, veniamo anche noi. L’ultimo incontro con il Risorto avviene nella normalità del quotidiano. L’infinito scende alla latitudine di casa. Il cerchio delle azioni di tutti i giorni è il luogo dove incontrare colui che se n’è andato dai recinti del sacro e abita il “profano”: l’infinito è nella vita, e la vita è infinita.

L’abbandonato ritorna da coloro che sanno solo abbandonare, e invece di chiedere loro di inginocchiarsi, è lui che si inginocchia davanti al fuoco di brace, come una madre che si mette a preparare il cibo per i suoi di casa, come un amico. È il suo stile: tenerezza, umiltà, cura. Amici, vi chiamo, non servi.

E chiede: portate un po’ del pesce che avete preso! Così il pesce di Gesù e il tuo finiscono insieme, e non li distingui più.

In questo clima di amicizia e semplicità, seduti all’alba attorno a poche braci, il dialogo sublime tra Gesù e Pietro.

Gesù, maestro di umanità, usa il linguaggio più semplice, pone domande risuonate sulla terra infinite volte, sotto tutti i cieli, in bocca a tutti gli innamorati che non si stancano di sapere: mi ami? Mi vuoi bene?

Semplicità estrema di parole che non bastano mai, perché la vita ne ha fame; di domande e risposte che anche un bambino capisce perché è quello che si sente dire dalla mamma tutti i giorni. Il linguaggio del sacro diventa il linguaggio delle radici profonde della vita. La vera religione non è mai separata dalla vita.

E sono tre domande, sempre uguali, sempre diverse:

Simone di Giovanni, mi ami più di tutti? Pietro risponde con un altro verbo, quello più umile, più nostro, verbo dell’amicizia e dell’affetto: ti voglio bene. E non si misura con gli altri.
Seconda domanda: Simone di Giovanni, tu mi ami? Pietro mantiene il profilo basso di chi conosce bene il cuore dell’uomo, e risponde ancora con quel nostro verbo così umano: ti sono amico.
Nella terza domanda succede qualcosa di straordinario. Gesù adotta il verbo di Pietro, si abbassa, si avvicina, lo raggiunge là dov’è: Simone, mi vuoi bene? Dammi affetto, se l’amore è troppo; amicizia, se l’amore ti mette paura. Pietro, un po’ d’amicizia posso averla da te? E mi basterà, perché io cerco la sincerità del cuore.
Gesù rallenta il passo sul ritmo del nostro, la misura di Pietro diventa più importante delle sue esigenze; così è l’amore vero, che mette il tu prima dell’io. Pietro sente il pianto salirgli in gola: vede Dio mendicante d’amore, Dio delle briciole, cui basta così poco, solo la verità di un cuore sincero. E credo che nell’ultimo giorno, anche se per mille volte l’avrò deluso o tradito, il Signore per mille volte mi chiederà come a Simone:

Mi vuoi bene? E io non dovrò fare altro che rispondere, per mille volte, solo questo:

Sì, ti voglio bene!

P. Ermes Ronchi

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