La libertà che il giovane ricco non ha capito

Un tale corre incontro al Signore. Corre, con un gesto bello, pieno di slancio e desiderio. Ha grandi domande e grandi attese. Vuole sapere se è vita o no la sua. E alla fine se ne andrà spento e deluso. Triste, perché ha un sogno ma non il coraggio di trasformarlo in realtà. Che cosa ha cambiato tutto? Le parole di Gesù: Vendi quello che hai, dallo ai poveri, e poi vieni. I veri beni, il vero tesoro non sono le cose ma le persone. Per arrivarci, il percorso passa per i comandamenti, che sono i guardiani, gli angeli custodi della vita: non uccidere, non tradire, non rubare. Ma tutto questo l'ho sempre fatto. Eppure non mi basta. Che cosa mi manca ancora? Il ricco vive la beatitudine degli insoddisfatti, cui manca sempre qualcosa, e per questo possono diventare cercatori di tesori. Allora Gesù guardandolo, lo amò. Lo ama per quell'eppure, per quella inquietudine che apre futuro e che ci fa creature di domanda e di ricerca.

Una cosa ti manca, va', vendi, dona.... Quell'uomo non ha un nome, è un tale, di cui sappiamo solo che è molto ricco. Il denaro si è mangiato il suo nome, per tutti è semplicemente il giovane ricco. Nel Vangelo altri ricchi hanno incontrato Gesù: Zaccheo, Levi, Lazzaro, Susanna, Giovanna. E hanno un nome perché il denaro non era la loro identità. Che cosa hanno fatto di diverso questi, che Gesù amava, cui si appoggiava con i dodici? Hanno smesso di cercare sicurezza nel denaro e l'hanno impiegato per accrescere la vita attorno a sé. È questo che Gesù intende: tutto ciò che hai dallo ai poveri! Più ancora che la povertà, la condivisione. Più della sobrietà, la solidarietà. Il problema è che Dio ci ha dato le cose per servircene e gli uomini per amarli. E noi abbiamo amato le cose e ci siamo serviti degli uomini...

Quello che Gesù propone non è tanto un uomo spoglio di tutto, quanto un uomo libero e pieno di relazioni. Libero, e con cento legami. Come nella risposta a Pietro: Signore, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, cosa avremo in cambio? Avrai in cambio una vita moltiplicata. Che si riempie di volti: avrai cento fratelli e sorelle e madri e figli...

Seguire Cristo non è un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione: lasciare tutto ma per avere tutto. Il Vangelo chiede la rinuncia, ma solo di ciò che è zavorra che impedisce il volo. Messaggio attualissimo: la scoperta che il vivere semplice e sobrio spalanca possibilità inimmaginabili. Allora capiamo che Dio è gioia, libertà e pienezza, che «il Regno verrà con il fiorire della vita in tutte le sue forme» (Vannucci). Che ogni discepolo può dire: «con gli occhi nel sole/ a ogni alba io so/ che rinunciare per te/ è uguale a fiorire» (Marcolini).

padre Ermes Ronchi

Il sogno di Dio è che nessuno sia solo, senza sicurezza

Alcuni farisei si avvicinarono a Gesù per metterlo alla prova: «è lecito a un marito ripudiare la moglie?». Chiaro che sì, è pacifico, non solo la tradizione religiosa, ma la stessa Parola di Dio lo legittimava. Gesù invece prende le distanze dalla legge biblica: «per la durezza del vostro cuore Mosè scrisse per voi questa norma». Gesù afferma una cosa enorme: non tutta la legge, che noi diciamo di Dio, ha origine divina, talvolta essa è il riflesso di un cuore duro. Qualcosa vale più della lettera scritta. Simone Weil lo dice in modo luminoso: «Mettere la legge prima della persona è l'essenza della bestemmia». E per questo Gesù, infedele alla lettera per essere fedele allo spirito, ci «insegna ad usare la nostra libertà per custodire il fuoco e non per adorare la cenere!» (G. Mahler). La Bibbia non è un feticcio, vuole intelligenza e cuore.
Gesù non intende redigere altre norme, piantare nuovi paletti. Non vuole regolamentare meglio la vita, ma ispirarla, accenderla, rinnovarla. E allora ci prende per mano e ci accompagna dentro il sogno di Dio, sogno sorgivo, originario, a guardare la vita non dal punto di vista degli uomini, ma del Dio della creazione. Dio non legifera, crea: «dall'inizio della creazione li fece maschio e femmina, per questo l'uomo lascerà il padre e la madre, si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola». Il sogno di Dio è che nessuno sia solo, nessuno senza sicurezza, più che di padre, senza tenerezza, più che di madre. Gesù ci porta a respirare l'aria degli inizi: l'uomo non separi quello che Dio ha congiunto. Il nome di Dio è dal principio colui-che-congiunge?, la sua opera è creare comunione.
La risposta di Gesù provoca la reazione non dei farisei, ma dei discepoli che trovano incomprensibile questo linguaggio e lo interrogano di nuovo sullo stesso argomento. «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei». Gesù risponde con un'altra presa di distanza dalla legislazione giudaica: «E se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Nella legge non c'era parità di diritti; alla donna, la parte più debole, non era riconosciuta la possibilità di ripudiare il marito. E Gesù, come al suo solito, si schiera dalla parte dei più deboli, e innalza la donna a uguale dignità, senza distinzioni di genere. Perché l'adulterio sta nel cuore, e il cuore è uguale per tutti. Il peccato vero più che nel trasgredire una norma, consiste nel trasgredire il sogno di Dio. Se non ti impegni a fondo, se non ricuci e ricongiungi, se il tuo amore è duro e aggressivo invece che dolce e umile, tu stai ripudiando il sogno di Dio, sei già adultero nel cuore.

padre Ermes Ronchi

Chi non è contro di noi è per noi

Domenica scorsa Gesù parlava dei bambini, e si diceva a commento che in loro, fragili e poveri di risorse, si potevano vedere anche gli adulti in condizioni economiche, sociali, fisiche e psicologiche di debolezza. Il vangelo di oggi (Marco 9,38-48) torna sull'argomento parlando dei "piccoli", che nel suo linguaggio sono appunto, oltre ai bambini, tutti gli svantaggiati. Per capire le parole del Maestro su di loro, occorre anche chiarire il senso di un'altra parola, "scandalo". Di di per sé, scandalo indica una pietra che fa inciampare il viandante e lo fa cadere, con conseguenze più o meno gravi; ma Gesù la usa in senso morale, per designare quelle parole e quei comportamenti che inducono i "piccoli", più o meno consapevolmente, a convinzioni e comportamenti negativi, dannosi per sé e per gli altri, quando non addirittura colpevoli davanti a Dio. Chi fosse causa di uno scandalo ne porterebbe tutta la responsabilità, con conseguenze gravissime; il divino Maestro lo proclama con parole tra le sue più severe, che non richiedono commento ma solo un risveglio del senso di responsabilità. Dice: "Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare". Prima di questo, il vangelo odierno tocca un altro argomento. "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva" (cioè faceva del bene ma non è dei nostri). Lo dice uno degli apostoli, riflettendo verosimilmente anche la mentalità dei suoi compagni, e non solo loro: di un simile atteggiamento la Bibbia stessa offre altri esempi (come quello già dei tempi di Mosè, esposto nella prima lettura: Numeri 11,25-29) ed altri ancora, numerosi, ne offrono la storia e l'attualità. E' la mentalità settaria di chi ritiene di detenere il monopolio della verità, della giustizia, del bene, e considera usurpatori quanti in qualche misura lo condividono. Ma per i cristiani non è, non deve essere così. "Non glielo impedite", comanda Gesù; "chi non è contro di noi è per noi". Nei secoli, come tuttora specie da parte dei missionari, l'aderenza al vangelo ha portato i cristiani a creare ospedali, scuole, orfanotrofi, mense per i poveri e una miriade di altre opere di assistenza e di promozione della dignità umana. Se poi, come è avvenuto spesso, di quelle opere i governi si sono appropriati (magari anzi, riconoscendone l'utilità e disponendo di mezzi più cospicui, incrementandone numero e qualità), nessuna recriminazione! Se il bene vien fatto, non importa da chi; la carità cristiana trova sempre nuovi campi di applicazione.

Qualche problema semmai sorge con chi pretende di appropriarsi della verità, assumendo un atteggiamento intollerante verso i portatori di altri principi e valori, un atteggiamento che non di rado, anche ai nostri tempi, sfocia in tentativi di prevaricazione quando non -- lo sanno bene i cristiani di troppi Paesi di questo mondo -- in forme aperte o subdole di persecuzione. In proposito torna utile quanto ha affermato il Concilio Vaticano II ("Nostra Aetate", 2) circa i rapporti con le religioni non cristiane: "La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini".

Dunque, il Concilio ribadisce che i cristiani non sono una setta; pur senza tradire le proprie convinzioni, sono felici di riconoscere in quelle di altri le consonanze con le proprie, e sono disposti a collaborare con loro per il bene comune; hanno il diritto-dovere di proporre quello in cui credono, ma non pretendono di imporre nulla a nessuno, e si aspettano dagli altri lo stesso atteggiamento.

mons. Roberto Brunelli

Accogliere Dio in un bambino, il segreto della Vergine Maria

Gesù mette i dodici, e noi con loro, sotto il giudizio di quel limpidissimo e stravolgente pensiero: chi vuol essere il primo sia l'ultimo e il servo di tutti.

Offre di se stesso tre definizioni, una più contromano dell'altra: ultimo, servitore, bambino.

Chi è il più grande? Di questo avevano discusso lungo la via. Ed ecco il modo magistrale di Gesù di gestire le relazioni: non rimprovera i suoi, non li giudica, non li accusa, pensa invece ad una strategia per educarli ancora. E lo fa con un gesto inedito: un abbraccio a un bambino. Il Vangelo in un abbraccio, che apre una intera rivelazione: Dio è così, più che onni-potente, onni-abbracciante.

Gesù mette al centro non se stesso, ma il più inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole, il più amato, un bambino. Se non diventerete come bambini... Gesù ci disarma e sguinzaglia il nostro lato giocoso, fanciullesco. Arrendersi all'infanzia è arrendersi al cuore e al sorriso, accettare di lasciare la propria mano in quella dell'altro, abbandonarsi senza. Proporre il bambino come modello del credente è far entrare nella religione l'inedito. Cosa sa un bambino? La tenerezza degli abbracci, l'emozione delle corse, il vento sul viso... Non sa di filosofia né di leggi. Ma conosce come nessuno la fiducia, e si affida. Gesù ci propone un bambino come padre, nel nostro cammino di fede. «Il bambino è il padre dell'uomo». I bambini danno ordini al futuro.

E aggiunge: Chi lo accoglie, accoglie me! fa un passo avanti, enorme e stupefacente: indica il bambino come sua immagine. Dio come un bambino! Vertigine del pensiero. Il Re dei re, il Creatore, l'Eterno in un bambino? Se Dio è come un bambino significa che va protetto, accudito, nutrito, aiutato, accolto.

Accogliere, verbo che genera il mondo nuovo come Dio lo sogna. Il nostro mondo avrà un futuro buono quando l'accoglienza, tema bruciante oggi su tutti i confini d'Europa, sarà il nome nuovo della civiltà; quando accogliere o respingere i disperati, i piccoli, che sia alle frontiere o alla porta di casa mia, sarà considerato accogliere o respingere Dio stesso.

A chi è come loro appartiene il regno di Dio. I bambini non sono più buoni degli adulti, sono anche egocentrici, impulsivi e istintivi, a volte persino spietati, ma sono maestri nell'arte della fiducia e dello stupore. Loro sì sanno vivere come i gigli del campo e gli uccelli del cielo, incuriositi da ciò che porta ogni nuovo giorno, pronti al sorriso quando ancora non hanno smesso di asciugarsi le lacrime, perché si fidano totalmente. Del Padre e della Madre.

Il bambino porta la festa nel quotidiano, è pronto ad aprire la bocca in un sorriso quando ancora non ha smesso di asciugarsi le lacrime. Nessuno ama la vita più appassionatamente di un bambino.

Accogliere Dio come un bambino: è un invito a farsi madri, madri di Dio. Il modello di fede allora sarà Maria, la Madre, che nella sua vita non ha fatto probabilmente nient'altro di speciale che questo: accogliere Dio in un bambino. E con questo ha fatto tutto.

Padre Ermes Ronchi

La guarigione del sordomuto e la nostra liberazione

Il percorso tracciato da Marco è molto significativo: con una lunga deviazione Gesù sceglie un itinerario che congiunge città e territori estranei alla tradizione religiosa di Israele; percorre le frontiere della Galilea, alla ricerca di quella parte comune ad ogni uomo che viene prima di ogni frontiera, di ogni divisione politica, culturale, religiosa, razziale. Scrivo queste parole dalla Mongolia, da una piccola, giovanissima chiesa ad Arvaheer, dove risuonano vere; dove, nella fede sorgiva delle origini, senti che Gesù è davvero l'uomo senza confini, che lui è il volto alto e puro dell'uomo, e che per il cristiano ogni terra straniera è patria.

Gli portarono un sordomuto. Un uomo imprigionato nel silenzio, vita a metà, ma "portato" da una piccola comunità di persone che gli vogliono bene da colui che è Parola e liberazione, che parla come nessuno mai, che è l'uomo più libero passato sulla terra.

E lo pregarono di imporgli la mano. Ma Gesù fa molto di più di ciò che gli è chiesto, non gli basta imporre le mani in un gesto ieratico, vuole mostrare la umanità e l'eccedenza, la sovrabbondanza della risposta di Dio.

Allora Gesù lo prese in disparte, lontano dalla folla. In disparte, perché ora conta solo quell'uomo colpito dalla vita. Immagino Gesù e il sordomuto occhi negli occhi, che iniziano a comunicare così.

E seguono dei gesti molto corporei e insieme molto delicati: Gesù pose le dita sugli orecchi del sordo. Secondo momento della comunicazione, il tocco delle dita, le mani parlano senza parole.

Poi con la saliva toccò la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti do qualcosa di mio, qualcosa che sta nella bocca dell'uomo insieme al respiro e alla parola, simboli dello Spirito.

Vangelo di contatti, di odori, di sapori. Il contatto fisico non dispiaceva a Gesù, anzi. E i corpi diventano luogo santo di incontro con il Signore.

Gesù guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: Effatà, cioè: Apriti! In aramaico, nel dialetto di casa, nella lingua del cuore, quasi soffiando l'alito della creazione: Apriti, come si apre una porta all'ospite, una finestra al sole.

Apriti dalle tue chiusure, libera la bellezza e le potenzialità che sono in te.

Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite

E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Prima gli orecchi. Ed è un simbolo eloquente. Sa parlare solo chi sa ascoltare. Gli altri innalzano barriere quando parlano, e non incontrano nessuno.

Gesù non guarisce i malati perché diventino credenti o si mettano al suo seguito, ma per creare uomini liberi, guariti, pieni. «Gloria di Dio è l'uomo vivente» (sant'Ireneo), l'uomo tornato a pienezza di vita.

Padre Ermes Ronchi

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